Quanto scrivo, nasce da uno
scambio di tweet avuto ieri pomeriggio con Gianni Riotta – direttore del TG1,
ai tempi in cui lo si poteva ancora definire con orgoglio IL telegiornale
nazionale, senza polemiche o ironia. – al quale poi si è unita anche altra
gente.
Tutto è cominciato con un
cinguettio del direttore, che riportava un passaggio dell’editoriale di Eugenio
Scalfari, su Repubblica. Diceva questo: “L’antipolitica è un cappio al collo e chi
la incoraggia alleva un mostro e peggiorerà una situazione fuori controllo.”
Svolgimento (per provare a spiegare come la penso).
L’antipolitica è un cappio al collo. E’ vero. Un cappio molto stretto,
che più passa il tempo, più si stringe. Soffoca ogni buona iniziativa –
politica e di partecipazione politica – inquadrando la Politica come “tutta
sbagliata”. Quello che appartiene a tale sfera, viene catalogato
automaticamente come corrotto e corrompibile, colluso, guasto, vecchio,
depravato, rovinato. Secondo il regno dell’antipolitica, la politica sporca,
altera, tutto quello che tocca.
D’accordo, le esperienze passate
(vedi prima repubblica) e quelle attuali (vedi seconda o terza repubblica)
possono essere prove provanti, di questo sentimento popolare. In Italia il sistema non funziona.
Molte delle colpe sono della politica. Di questa maledetta politica italiana,
marcia, stantia, putrida. Sono d’accordo. Ma è necessario lo sbocco positivo.
Mi hanno sempre convinto poco, le
iniziative degli Spider Truman o delle Listeouting di turno, anche se certe
volte, e davanti a certe cose, il desiderio è stato ed è, forte. Anticastiste: ho usato sempre questa
definizione nel mio blog, per parlare di quelle persone, o meglio di
quell’impulso civico di reazione alla tremenda situazione in cui il nostro
paese si è cacciato. Chiamavo così, quelli che si scagliavano contro la Casta
dei Politici, simbolo, innegabile, del malgoverno e del malessere nazionale.
Era una definizione immatura. Data e creata d’impulso, solo perché suonava
benino e rendeva l’idea. Voglio cambiarla. Adesso definirò questi “moti” e le
persone che ne sono il motore, “Castatori”. Mi piace, perché rima
con “censori”. Ma anche e soprattutto,
perché nel suono, la parola Casta si mischia e rischia di diventare
“castra”. Castrare: bloccare, frenare, sterilizzare. Castatori o castratori della politica. Ma c’è un’accezione ancora
più intima di questo termine che ho inventato, che è quella che preferisco.
Questi castatori, mi ricordano un
“proverbiale tizio” delle mie parti, che per fare un dispetto alla moglie, dopo
una lite, si tagliò i “cosiddetti”, in modo da non poterla più soddisfare
amorosamente. Si castrò per dispetto, capite?. Il detto recita “per non esser coglion me li tagliai, poi mi
accorsi che ero più coglion che mai”.
Ecco: i castatori, gli
antipolitici per eccellenza, quelli che sputano su tutto quello che è politica,
mi ricordano quel tipo, diciamo così, “auto-censore”. L’antipolitica, rischia
di essere il peggior autogol che noi come cittadini possiamo fare. Ve lo dico
perché ci sono passato e quasi “cascato”. Mi sono trovato, in tempi diversi
della mia vita, da tutte e due le parti della barricata di questa stupidamente
assurda battaglia.
Per essere chiaro, ho fatto parte
per molto tempo del meccanismo politico di un partito, addirittura mi sono
anche candidato alle elezioni amministrative – quasi per dovere – e non sono
stato eletto. Mi ha sconfitto la politica, quella orrenda, perfida, degli
interessi e delle macchinazioni dall’alto, che hanno guidato le elezioni nel
mio partito. Successivamente, forse anche per
difesa personale, ho covato anche io un desiderio di reazione forte,
contro, schifato: per un periodo – brevemente e con poche convinzioni, a dire
il vero – sono stato anche io attirato dalle sirene dell’antipolitica.
L’antipolitica è facile, puoi agevolmente esprimere le tue opinioni senza la
necessità di motivarle profondamente. Basta essere contro. Ma così non si
risolverà mai niente, me ne sono accorto in tempo, quasi subito, per mia
fortuna.
La politica italiana contemporanea,
è pessima. Probabilmente siamo arrivati alla peggiore di sempre: una politica
priva di visioni lungimiranti, di attenzione verso i cittadini, corrotta e
stagnante. Ma non è con l’antipolitica, con la guerra tra bande, che si risolve
la questione. La pessima politica deve essere sostituita dalla buona. E’ in
nome di questo, che chi si impegna e partecipa deve orientarsi. Ed è ancor più
in nome di questo, che quell’impegno e quella partecipazione devono essere una
sorta di obbligo morale: c’è il bisogno di essere attivi, contro l’antipolitica
che è solo passiva. Occorre, e lo dico per primo a me stesso, lavorare energicamente,
per la politica buona. Ed occorre farlo, da dentro i partiti: covo della
politica pessima. Sgomberare il campo, farsi largo, ripulire, rinnovare,
rottamare. Ed occorre ancora di più, che chi si muove in questo senso, dia un
segnale chiaro e visibile, di solcare il terreno della Politica. Per essere distinguibile da chi invece, è solo contro, è
solo anti. Distinguersi dal campo dell’antipolitica, che in passato è stato
spesso fertile per le dittature, per i berlusconismi (dove, se non dal desiderio di antipolitica
contro l’era di tangentopoli, ha
attecchito? ndEm), per il qualunquismo.
In questo momento, in Italia, non
possiamo permetterci un’antipolitica. E’ troppo pericoloso. E’ rischioso e
controproducente. E’ la serietà della situazione che lo pretende.
EmPer leggere altro di altro
Nessun commento:
Posta un commento
Commenta quel che vuoi o come vuoi. Ma cerca di mantenere quella che i più fighi chiamano "netiquette" e che qui chiamiamo "buon senso". Se poi riesci a dire anche qualcosa di intelligente, meglio.
Grazie