Metto qui, anche se in ritardo clamoroso, il pezzo per Bastia 4 weeks - ottobre 2011.
...figuriamoci, che parlavo di settembre!?...
E' appena finito settembre, anche se dal
clima non ve ne sarete resi conto. Apro così, parlando del tempo, per
cominciare piano, visto che quello di cui voglio parlare in questo mese, è un
concetto profondo, che riguarda internet.
Partiamo da lontano, dunque. Il mese
scorso, è stato un mese piuttosto importante per il Popolo della Rete - definizione che non amo
particolarmente, ma che ormai uso con consuetudine, dato che lo fanno più o
meno tutti ed è diventata identificativa. Settembre, in internet, si è aperto
con le commemorazioni dell'attentato alle Twins Towers di New York. Tutti,
anche io - pubblicato peraltro, perdonatemi il vanto, su due quotidiani on
line nazionali: Linkiesta e Giornalettismo -, hanno scritto giustamente
qualcosa su questo. Personalmente ho cercato di porre un accento su come
sarebbe stato se l'11-9 fosse accaduto oggi. Non dal punto di vista
socio-politico o geopolitico, ma semplicemente ragionando su come sarebbe
scorso il flusso delle informazioni. Parto da qui, perché quello di cui voglio
parlare, è esattamente questo: il flusso
dell'informazione nel web 2.0 e
alcuni suoi risvolti pratici e di attualità. Argomento complesso, articolato,
che non basterebbe un tomo per essere sviscerato: ma io non sono qui per
fare/dare lezioni, semmai il mio ruolo possa essere diverso dal vostro, io
dovrei semplicemente provare a dare un eventuale input di ragionamento: poi se
credete che sia valido bene, altrimenti cambiate pagina (i giornali in fondo
sono democratici). Torniamo al punto: riguarda all'attentato di New York, non
si può non notare che dieci anni fa, non esistevano ancora Facebook o Twitter,
non esistevano gran parte di blog (alcuni a dire il vero c'erano ma erano
mosche bianche), la diffusione dei quotidiani online era limitata. Adesso tutto
sarebbe diverso. Avremmo un fluire di notizie live,
in tempo assolutamente reale, magari tramite aggiornamenti di FB o tweet di persone che si trovano proprio
nelle Torri o lì vicino, leggeremmo post sui blog che raccontano direttamente
quello che è successo. La situazione avrebbe una cronaca multi-voce, non fatta
soltanto dai giornalisti, ma tutti diventeremmo cronisti. E' proprio questo il
punto: il web 2.0 in questi anni, ha permesso ad ognuno di noi di diventare un
editore, un produttore di contenuti.
Grande, grandissima evoluzione. Chiunque può esprimere ciò che pensa, chiunque
può raccontare ciò che vede (lo chiamano giornalismo
partecipativo, ma forse è ancora limitante), e diffondere i proprio
contenuti ad un pubblico più o meno vasto. Ognuno di noi, che ha un profilo in
un social network, può scrivere cose che verranno lette da centinaia di
persone. Un tempo per avere questa diffusione, occorreva organizzare un
incontro - oppure salire su una panchina ad Hyde Park, ma quella è un'altra storia
- adesso lo si può fare dal salotto di casa, gratis e indipendentemente dagli
strumenti socio-culturali di cui si dispone. Eccezionale. Libertà, democrazia,
diffusione, flusso, tutte parole bellissime. Ma al tempo stesso, c' è un
risvolto importante. Un aspetto che deve essere tenuto in primo piano. La responsabilità. Chi
scrive deve tener in massima considerazione la potenzialità delle sue parole e
l'eco che possono assumere attraverso la condivisione sociale in internet. Il
mese appena finito, ha spostato il ragionamento anche in questa direzione. E'
stata infatti pubblicata in un blog (www.listaouting.wordpress.com) una lista
in cui si indicavano una serie di nomi di politici omosessuali, ma accusati di
tenere per ragioni politiche, un comportamento al limite dell'omofobia. Non
voglio tornarci sopra adesso, quello e come la penso, lo potrete trovare
scritto nel mio blog a questo link (http://www.danemblog.com/2011/09/le-liste-sono-sempre-sbagliate.html). Errore madornale, comunque, la
pubblicazione: commesso nella Rete, dalla Rete. Autogol pazzesco, perché quello
che è stato fatto, non ha alcun senso: è privo di fondamenti, documenti o
almeno di uno straccio di virgolettato, è controproducente, è pericoloso,
rischia di far perdere credibilità a tutto il resto che di buono c'è e si fa
quotidianamente in internet. E' stato stupido, in una parola. Sia chiaro,
spogliare dalle ipocrisie situazioni in cui il privato comportamento personale,
strida con gli atti pubblici, credo che sia un processo degno di una società
sana. Ma farlo come è stato fatto in quel caso è da irresponsabili. Come è si è
macchiata ultimamente, a mio avviso, di irresponsabilità Wikileaks. Adorata da
molti, perché riesce a mettere a nudo con i suoi cablo, le macchinazioni del
potere, ma che spesso rischia di andar ad interferire con questioni troppo
grandi e che sarebbe meglio restino celate alle masse. E' il caso dell'ultimo
giro di pubblicazioni, appena qualche giorno fa, in cui sono stati inseriti in
un altra pessima lista (le liste mi fanno sempre venire i brividi ndEm)
i nomi di alcuni monaci tibetani, che hanno collaborato con gli Usa e che
adesso rischiano pesanti ritorsioni dal governo cinese. Non si aiuta così la
democrazia: anzi così si rischia di aiutare il regime. Quel regime che fonda
sulla scarsa responsabilità di pochi, la volontà di tappare la bocca a molti.
E' probabile che la questione vada regolamentata: senza privazioni, però. Deve
essere una regolamentazione consapevole e responsabile - è la parola chiave
dell'articolo, se non fosse chiaro - che permetta ad ognuno di noi di fare un
buon lavoro, libero e sereno. Che allo stesso tempo, renda chiari i confini di
quello che si può e quello che non si può, e soprattutto, renda chiari ed
evidenti - questo sì, per legge - i metodi attraverso cui, anche quello che non
si potrebbe diventa possibile.
Sicuramente, lo dico senza polemica
politica, l'approccio adottato dal Governo italiano (così come già fu nel 2007),
il famoso comma 29 definito comma-ammzza-blog, non
era il migliore (adesso per fortuna la normativa è stata modificata). Occorre
qualcosa di più serio, ragionato, meno fazioso e più contemporaneo. L'obbligo
di rettifica, così come veniva proposto dalla legge che ha avviato l'iter
parlamentare nei primi giorni di ottobre (il famoso ddl-intercettazioni), sarebbe stato paradossale: se un blogger avesse
scritto qualche cosa che interessava qualcuno, e quel qualcuno avesse inviato
una richiesta di rettifica, il blogger avrebbe avuto l'obbligo di modificare il
pezzo scritto, indipendentemente se corrispondeva o meno alla verità (se siete
interessati ad approfondire la questione, ecco il link http://www.danemblog.com/2011/09/dire-bugie-per-legge.html da cui si possono trovare molti
altri articoli).
E' sicuro che questa, per altro al limite
del costituzionale, non era la via giusta da seguire. Ripeto: mi chiedo anche
quanto sia fondamentale la necessità di una regolamentazione formale. Da un
lato c'è il rischio che la Rete finisca come i Mercati, per i quali si è
creduto/sperato che fossero in grado di autoregolamentarsi, e alla fine si sono
inghiottiti il mondo. Dall'altro però, c'è la fiducia nelle persone. Non
possiamo lasciarci scappare questa grossa possibilità che ci viene offerta -
diffondere ampiamente e liberamente i nostri contenuti - in fondo basta solo un
pizzico di responsabilità. Quella che per fortuna c'è stata nel caso di
listaouting, dove tutto il popolo del web ha reagito dissociandosi, e con
ripudio, creando una sorta di autocensura. Questa sì, molto ma molto
democratica.
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