Delio Rossi è uno che di faccia assomiglia a Braccio di Ferro, per me. Ha quelle guance gonfie in basso, verso le labbra, dalle quali ti aspetti che prima o poi esca una pipa. Cornice di un mento piatto come il lungo mare della sua Rimini.
Adesso potrei dire, che picchia anche come Popeye, ma Delio Rossi è uno uomo bravo, dai non scherziamoci nemmeno, su questo: è uno che fino a qualche giorno fa, era preso a modello di allenatore padre-amico.
Eppure ieri l'altro ha sclerato. È partito di testa perché un cretino, che non merita nemmeno d'essere nominato, l'ha prima mandato a quel paese e poi ha offeso lui, la sua professionalità e, peggio, la sua famiglia con le sue fragilità.
Fragilità umana: reazione violenta, sempre poco polite in TV. Sempre da tenere sotto giri di chiave di qualche porta: il gesto manesco è follia. Forse, di sicuro, ma...è umano. Umano come arrabbiarsi per una sostituzione, come prendersela per una delusione, come saltare al collo di chi ti tocca ciò che hai di più caro, appunto.
Quello che non è umana, è l'esasperazione. In un mondo in cui la frenesia sembra sempre più somigliare al chiacchiericcio scomposta delle corteggiatrici e dei corteggiatori da Maria de FIlippi, tutto viaggia con ritmi troppo alti, insostenibili. Sono i ritmi disumani.
Il calcio e lo sport in genere, fa da cartina tornasole: è sotto i riflettori, tutto avviene live, senza un copione. Per questo val la pena rifletterci: la furia agonistica e la fatica fisica, scoprono tutti i nervi dell'animo umano.
Fermiamoci a riflettere. Davvero. Detto con tutta la banalità del mondo. Rallentiamo. Siamo esasperati.
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