Atteggiamento un po' pericoloso, ma comunque. Poi, sia chiaro: Rodotà è un'ottima candidatura. Tra le più spendibili e tra le più rispettabili.
Rodotà è un uomo di sinistra, da sempre (o quasi, salvo la parentesi iniziale con i radicali).
E scegliere di sostenere Rodotà, in qualsiasi modo, è un dato politico forte. Il Movimento ha scelto la parte in cui collocarsi. E quel nome è la conferma. Segnale che va interpretato con calma, ma è indiscutibile.
Il Pd invece ha perso una grossa occasione. L'occasione di rigiocare la carta Grasso-Boldrini, anticipando il passo. Perché quel nome - Rodotà - sono diversi giorni che gira (da Vendola e da aree del Pd stesso) prima di finire, o forse è per questo che c'è finito, nella lista delle Quirinarie. E poi, a Quirinarie concluse, Grillo stesso aveva lasciato intendere che i primi due arrivati (Gabanelli e Strada) sarebbero stati bypassabili verso il terzo, Rodotà appunto.
E allora cosa avrebbe dovuto fare il Pd? Avrebbe dovuto leggere la realtà, capire la partita e mettere dentro il Massaro che sblocca il risultato e ti fa portare a casa la vittoria.
Il Pd, cioè, avrebbe dovuto lanciare a metà settimana passata il nome proprio di Rodotà. Anticipando tutto e tutti, con una personalità inappellabile, di sinistra oltretutto, con un curriculum di eccellenza internazionale, su cui sarebbe stato possibile far convergere con facilità anche i voti del PdL e SC. E sarebbe oltretutto, sceso su un terreno assolutamente praticabile da M5S, senza compromessi: anzi sarebbe stato proprio il Pd a condurre le danze.
Così non è andata, per la solita incapacità di comprendere quel che circonda il partito e poi per la perpetrata prassi di regolare i conti interni sotto i riflettori e per l'incapacità di accettare la convivenza di anime diverse che lavorano per uno stesso gruppo.
E adesso siamo qua, scartato Marini, ad aspettare l'elezione di un certo Bianca.
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